LE STANZE DEL TEMPO

Uno spettacolo che abita i luoghi della memoria creando stanze di parole, di suoni e di immagini. 

Il pubblico, diviso in famiglie, le visita simultaneamente, una dopo l’altra, dopo l’altra, dopo l’altra.

Ogni stanza restituisce tempi, luoghi e personaggi della grande storia del prosciugamento del Lago Fucino.

In ogni stanza storia e leggende si fondono con elementi narrativi riscritti a partire dal patrimonio bibliografico e dai dettagli tecnici dell’opera di ingegneria idraulica o da paesaggi della memoria collettiva.

ideazione, drammaturgia e testo STEFANIA EVANDRO
con CRISTINA CARTONE, STEFANIA EVANDRO, PAOLA MUNZI, ALBERTO SANTUCCI, RITA SCOGNAMIGLIO, GIACOMO VALLOZZA

e musicisti/i GIUSEPPE MORGANTE, ALEX RICCI, GERMANA ROSSI, GIANCARLO TOZZI

regia STEFANIA EVANDRO E ANTONIO SILVAGNI 

lo spettacolo è dedicato a Raffaele Degni, compagno di viaggio e di suoni

Il pubblico, diviso in piccoli gruppi, le visita, passando dall’una all’altra.

Ogni stanza restituisce tempi, luoghi e personaggi della storia del Prosciugamento del Fucino, un tempo il terzo lago d’Italia per estensione.

Storie e memorie del prosciugamento del Lago Fucino: una delle maggiori opere di ingegneria idraulica mai realizzate viene raccontata dalle mille voci che intorno al lago vissero o lavorarono, lo venerarono come fluido dio o lo prosciugarono fino all’ultima goccia. 

Una governante accoglie il pubblico e lo prepara al viaggio attraverso corridoi e stanze del palazzo; a piccoli gruppi gli spettatori attraversano spazi e insieme memorie, scandite da tempi diversi e complementari. 

Alle storie del lago e degli dei che lo abitavano, si alternano quelle del ‘grande seccatore’ Torlonia e della sua famiglia, e le ambizioni dell’imperatore Claudio con la più grande naumachia di tutti i tempi realizzata nel 52 d.C. con 100 navi e 19.000 schiavi. 

Ma i traghettatori del viaggio nelle stanze del tempo, quelli che nelle stanze hanno voce per raccontare, non sono né imperatori e nemmeno i principi che vollero e diressero i lavori: sono figure tra il reale e l’immaginario, rappresentanti di un’umanità vasta e perduta insieme a divinità minori; sono coloro che l’opera l’hanno realizzata oppure subìta, che hanno toccato con le loro mani l’acqua e poi la terra, ma non sono stati mai padroni né dell’una né dell’altra. 

Operai scavatori, semidei scivolati via dal mondo insieme alle acque del lago, camerieri e maggiordomi di casa Torlonia, custodi del fuoco: voci, immagini e personaggi di un lago che non c’è più si muovono tra le mura di un’antica residenza, come eco profonda di un tempo remoto ancora presente. 

Una memoria collettiva scandita da un tempo frammentato e rimodulato, ogni volta diverso a ogni passaggio di stanza. Un viaggio che restituisce l’immagine di un Abruzzo arcaico eppure al centro di profondi processi di innovazione. Una terra spesso distante dalla percezione emotiva dei più.

Una terra che a volte è straordinariamente potente, in grado di trasformarsi, 

in cerca di nuovi equilibri, insieme al bisogno sempre più maturo di conoscenza del passato.

Un passato a tratti presente, ma ancora intangibile.  

Un viaggio nella storia del prosciugamento del Lago Fucino

Gli antichi dicevano che l’arte e la storia 

sono protette dalle Muse.

Ma le Muse non potrebbero fare niente 

senza l’aiuto della loro madre 

Mnemosine, la dea memoria.

Come si fa mantenere la dea memoria accanto a sé?

Qualcuno dice che bisogna invitarla a entrare in una casa. 

Meglio, un palazzo.

Ogni immagine un luogo, ogni pensiero una stanza.

Dunque

il segreto per ricordare qualcosa?

Trattenerlo nelle stanze di un palazzo:

 il Palazzo della Memoria.